Sul cuore, Olga Tokarczuk, i vagabondi

La parola Interne nelle arti marziali a cosa si riferisce? All’attivazione dei nostri circuiti, al sangue, alle ossa o alla forza? Poniamo invece di trovarci di fronte la nostra personalità, fatta di bastioni, mura e difese. A chi rivolgeremo le braccia durante il tuishou? Come lo spingeremo via? Ne conosceremo mai il nome?

Aveva ragione chi diceva di non scegliere [psicologia] in vista del futuro lavoro, per curiosità, o per vocazione di aiutare il prossimo, ma per un’altra ragione molto più semplice. Credo che tutti avessimo qualche difetto profondamente nascosto e, anche se di sicuro davamo l’impressione di essere giovani intellignti e in salute, il difetto veniva mascherato e abilmente camuffato dagli esami di ammissione. Un gomitolo di emozioni ben aggrovigliato, infeltrito come quegli strani tumori che talvolta si trovano nel corpo umano e che si possono osservare in  qualsiasi museo di anatomia patologica che si rispetti. Forse anche i nostri esaminatori erano persone di questo tipo e in realtà sapevano cosa stavano facendo? Saremmo stati i loro eredi. Quando al secondo anno affrontammo il funzionamento dei meccanismi di difesa della nostra psiche, cominciammo a capire che se non fossero esistite la razionalità, la sublimazione, la negazione – tutti quei trucchi che ci concediamo – , se invece avessimo osservato il mondo senza alcuno strumento di difesa, con onestà e coraggio, ci sarebbe scoppiato il cuore.

Durante queste lezioni scoprimmo che siamo costruiti di difese, di scudi e di armature, che siamo città con un’architettura fatta da mura, bastioni e fortificazioni: praticamente degli stati bunker. […] Dopo il terzo anno riuscii a dare un nome a ciò che mi faceva stare male, era come aver scoperto il proprio nome segreto con il quale si affronta un’iniziazione.

I vagabondi, Olga Tocarzuk, trad di Barbara Delfino, 2019, Giunti, pp. 14-15

<- A chi si insegna il tao? Da c’iung-hu-cienn ching, l’opera di Lieh-tzu

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